Waza-ari
Il Waza-ari (in giapponese 技あり) è il secondo punteggio più alto che un fighter possa ottenere nelle arti marziali giapponesi basate su ippon o waza-ari, tipicamente Judo, Karate o JuJutsu.
Nello Judo il waza-ari è il valore di un punto, assieme allo yuko (vantaggio), in passato al koka ed allo ippon. Lo ippon è il punteggio più alto ottenibile che solitamente, una volta assegnato, conclude il match in favore dell’atleta che l’ha ottenuto.
L’arbitro solitamente alza il braccio parallelamente al suolo per assegnare un waza-ari, il cui valore è più alto della somma di ogni altro punteggio inferiore. Non importa quanti yuko o koka siano assegnati: un waza-ari conta sempre di più alla fine del match.
Solitamente un waza-ari nello è assegnato dopo una azione nella quale si proietta l’avversario con controllo e precisione sufficiente ma senza arrivare alla perfezione di un ippon. Un waza-ari è assegnato anche quando si trattiene l’avversario con la schiena al tappeto per un periodo dai 15 ai 20 secondi.
Per assegnare un ippon nello Judo servono quattro elementi fondamentali: far atterrare l’avversario di piatto sulla schiena dopo una proiezione ed effettuare il movimento con forza, velocità e controllo perfetto. Se uno di questi quattro elementi non è presente (o non è espresso al massimo livello) l’arbitro può comunque assegnare un waza-ari.
Con le vecchie regole precedenti il 2013 era possibile anche assegnare un waza-ari come una penalità, chiamata keikoku. Le penalità potevano essere assegnate per infrazioni come l’assenza di combattimento, prese non consentite, finti attacchi, eccetera. Nello Judo le penalità sono sempre assegnate secondo un criterio progressivo: la prima penalità alla prima infrazione si chiama shido, la seconda chiui, la terza keikoku e la quarta, hansoku make, prevede la squalifica.
Con eccezione dell’anno 2017 il waza-ari è l’unico punteggio cumulativo nello Judo, così se un atleta effettua due waza-ari durante un match essi contano come un ippon, assegnandogli così la vittoria. Per segnalare questa casistica l’arbitro alza il braccio parallelamente al suolo per poi continuare fino a tenerlo completamente verticale (come per marcare un ippon), dicendo “Waza-ari, awasete ippon” prima di concludere il match (“Sore made“). Per un anno, con alcune regole introdotte nel 2017, il waza-ari non è stato più considerato cumulativo per formare un ippon: tuttavia, se nessun ippon era stato eseguito durante l’incontro, i waza-ari avrebbero determinato il vincitore. Nel 2018 si è poi ripreso a considerare i waza-ari come cumulativi ed i punteggi più bassi di un waza-ari non sono più assegnati.
Nelle competizioni di Karate (“shiai“) il punteggio di waza-ari è assegnato all’atleta che colpisce correttamente l’avversario senza però sopraffarlo in maniera tale da finire il match.
Nello shobu ippon kumite praticato dalla Japan Karate Association ed associazioni affiliate, il waza-ari è assegnato quando un colpo va a segno senza però essere preciso per quanto riguarda il punto di contatto, la distanza, la pulizia del movimento o altri criteri scelti dai giudici.
Nel knockdown kumite delle associazioni kyokushinkaian il waza-ari è assegnato per un colpo che stordisce temporaneamente l’avversario ma non lo rende inabile a combattere per più di tre secondi.
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