Tecnica vs forza bruta: chi vince?
Su Quora, noto social network improntato su domande e risposte, è stata fatta da un utente la seguente domanda:
“Nelle arti marziali, è vero che la tecnica può battere i muscoli?”
Si tratta di un grande classico tra tutte le domande, è un po’ la storia di Davide contro Golia di biblica memoria e la risposta può andare da banalità trash alle quali ci ha abituato il web (“MMA VS BODYBUILDER CHI VINCE“) a livelli un po’ più articolati e, si spera, un po’ più di spessore.
Pubblico qui di seguito la mia risposta.
<<Tendenzialmente sì.
Bisogna, come sempre, dare un significato alla parola “muscolo“. Anche i marzialisti all’apparenza più gracili hanno muscoli (ovviamente), solamente che li allenano a funzioni completamente differenti rispetto ad un bodybuilder.
Immaginando che la domanda possa essere trasformata in un generico “è vero che la tecnica può battere la forza?” questo è sicuramente vero, anche perché, come ci ricorda Newton, F=ma, ossia Forza uguale Massa per Accelerazione.
Un colpo velocissimo, magari portato con una lunga leva ed una tecnica perfetta in un punto preciso del corpo può essere molto più devastante di un lento, pesantissimo colpo assestato da una persona di corporatura robusta ma con meno tecnica.
Chiaramente queste distinzioni vanno contestualizzate: in un ambito sportivo, dove la precisione può fare la differenza tra un punto assegnato o meno o tra un colpo valido ed una penalità, sono particolarmente vere.
In uno scontro reale difficilmente un ragazzino di 50 kg alto 1.60m potrà affrontare un uomo di 100 kg alto due metri e venirne fuori incolume.
Tanta più è la differenza di stazza tanto più lo svantaggiato in termini di kg deve essere bravo a schivare colpi, entrare nella guardia, colpire precisamente e ritirarsi alla svelta, sempre evitando di essere preso. Cosa non facile, se non si ha almeno una carriera agonistica alle spalle.
In uno scontro reale le variabili sono mille (dall’ambiente all’abbigliamento, solo per citarne alcune) mentre nell’ambito sportivo sono introdotte le categorie di peso proprio per evitare scontri impari.
Durante lo sparring è normale vedere allievi novizi molto pesanti proiettati a terra con facilità (o sottomessi, a seconda della disciplina) da allievi più esperti o dai loro maestri; questo accade perché il novizio non sa che cosa aspettarsi, quindi ad esempio para colpi dove non dovrebbe, si sbilancia o non sa reagire ad una leva. Quando l’allievo diventa più esperto è molto, molto più difficile per atleti anche più bravi ma meno pesanti riuscire a proiettarli, sottometterli o mettere a segno colpi importanti.
Esistono invece casistiche meno note, come quelle tra atleti molto prestanti atleticamente, con grande muscolatura e dotati di buona tecnica che affrontano atleti pesanti, magari sovrappeso o non prestanti atleticamente come loro, ma con più esperienza: in quel caso l’esito è difficile da prevedere perché anche in caso di una tecnica non raffinata l’esperienza gioca un fattore enorme. Sottovalutare un pugile sovrappeso che pratica la boxe da 30 anni può essere molto pericoloso, anche per il giovane atleta dagli addominali scolpiti che pratica da qualche anno ed ha qualche match alle spalle.
Per arrivare infine ad una risposta generalista: in caso di uno scontro tra un atleta che non ha competenze marziali (sportive o meno) ed un marzialista, non c’è, generalizzando fortemente, alcuna possibilità per il primo. La mancanza di competenza marziale porta inevitabilmente a scoprirsi e basta una finta banalissima per lasciar assegnare un colpo favorito (classico: al naso) all’opponente esperto.
Le eccezioni, o gli estremi, confermano le regole anche in questo caso, come il famoso sparring amichevole ed informale tra Hafþór Júlíus Björnsson (“The Mountain” della serie “Game of Thrones“) e Conor McGregor.
Se fosse stato un vero scontro, in pochi avrebbero tifato per McGregor, nonostante la preparazione tecnica.>>
Un tipico caso di “tecnica contro forza bruta” può essere trovato nei due match di K-1 tra Ernesto Hoost e Bob Sapp, al K-1 Grand Prix Opening 2002 ed al K-1 Grand Prix Finals 2002.
Bob Sapp, inutile dirlo, è stato considerato da tutti un “Tomato Can“, espressione idiomatica usata negli sport da combattimento per indicare un avversario facile da battere, usato per “fare numero” nel curriculum di un atleta o per fare spettacolo. Ernesto Hoost, che con 189 cm per 108 kg di peso non è certo un fantino, non ha potuto nulla contro un colosso di 196 cm pesante 149 kg. Nonostante tutti i suoi tentativi di impostare il combattimento ed usare la sua tecnica, era comunque racchiuso in uno spazio ristretto e costretto dai limiti imposti dalle regole dello sport. Se in un contesto di difesa personale forse sarebbe riuscito a prevalere, le sue due sconfitte sono la riprova che la massa e la forza, anche in presenza di una tecnica limitata, comunque contano.
Chiaramente il discorso può essere ulteriormente approfondito ed ho dovuto limitare la mia opinione perché dovevo scrivere un post, non un trattato: attendo il vostro parere qui su Kombatnet, sapendo di essere circondato da praticanti ed esperti di arti marziali e discipline da combattimento ben più competenti di me.
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